giovedì 25 dicembre 2014

E' di nuovo Natale


Anche quest'anno per gli auguri di Natale, ho deciso di mostrarvi un'altro strano presepe scovato nel grazioso borgo pesarese di Fiorenzuola di Focara. Lo trovo oltre che singolare anche piuttosto emblematico, la rappresentazione della Natività sopra l'insegna di un alimentari... insomma, è arrivata l'ora delle abbuffate in famiglia!

AUGURI!!!

sabato 6 dicembre 2014

Un vecchio pilastrino, su un vecchio cartello, in un vecchio paese

Addossati l'uno all'altro, quasi a volersi sostenere a vicenda, stanno un consunto pilastrino sacro e un rugginoso cartello stradale. Il primo, intagliato nel legno da chissà quanto tempo, non ha basamento... va a vedere da quanto è marcito, mentre due graziosi fiorellini di plastica tamponano un grosso buco nella nicchia. Il secondo, vetusto cartello stradale, piegato e reso illeggibile da decenni d'intemperie, funge perlopiù da sostegno a quel pezzo di legno sacro. Il tutto, si trova a Fontecorniale, paesello d'alta collina le cui condizioni sono ben rispecchiate dai due oggetti. 


Guarda dove si trova Fontecorniale.

mercoledì 3 dicembre 2014

Cesane: In cammino per riscoprire la vecchia chiesa di Santa Maria delle Selve

L'autunno è ormai al suo culmine, quelle grigie giornate dispensatrici di pioggia e nebbia sono diventate una routine. Sarebbe perciò coerente postare qualcosa inerente alla stagione in corso ma, per i più svariati motivi, sono rimasto indietro con i miei programmi e mi vedo costretto a pubblicare questa escursione estiva. Consideratelo un omaggio a chi ama il caldo e le belle passeggiate d'agosto.

Premesso ciò veniamo all'itinerario in questione.

Quattro mesi fa ho intrapreso una bella camminata nel versante urbinate dei colli delle Cesane per riscoprire un antico villaggio abbandonato munito di chiesetta e cimitero: Santa Maria delle Selve a Montecesano. A dire la verità, tempo fa ero già venuto ad esplorare la zona ma fu una cosa frugale, incompleta, che mi ha lasciato l'amaro in bocca e tanta voglia di tornare. 
Santa Maria delle Selve ed il suo circondario oggi appaiono come dei luoghi desolati, abbandonati, dove ormai la natura sta prendendo il sopravvento sulle secolari opere dell'uomo. E pensare che fino a pochi decenni fa queste colline pullulavano di vita. 
La chiesetta del villaggio, che un tempo si chiamava Santa Maria dello Spineto, fu costruita nel XIII° secolo e rivestì, fin dopo la metà del XX°, una grande importanza per le genti che vivevano alle Cesane. Nel 1970 venne edificata una nuova chiesa, denominata sempre Santa Maria delle Selve, ubicata però lungo la comoda strada provinciale che attraversa i colli delle Cesane; è l'inizio dell'oblio per il vecchio tempio e il suo villaggio. 
Oggi, ciò che resta di questo borgo rurale è circondato dalla foresta, avvolto nel più completo silenzio. Fortunatamente però, con la creazione della rete escursionistica dei monti delle Cesane, qualcuno si è ricordato di questi luoghi e vi ha fatto passare ben due sentieri segnalati, dando involontariamente vita ad un itinerario di "archeologia rurale". 

Andiamo a scoprirlo un passo alla volta assieme alle foto...

Lasciata l'auto lungo la strada provinciale delle Cesane, in località Casa del Piano, mi giro un po attorno in cerca dei segnali di inizio sentiero che trovo all'ombra di un cipresso dell'Arizona. L'albero appena citato sarà una costante in quest'itinerario.
Tra incolti, boschi e campi... ecco la campagna urbinate.
Inizio a seguire il sentiero, segnalato con il numero 132, e piano piano mi avvicino alla foresta delle Cesane.
Una volta immerso nella vegetazione, il sentiero inizia una lunga e inesorabile discesa verso Santa Maria delle Selve. Nel primo tratto di percorso affronto l'unico guado dell'escursione... ed è già tanto che vi scorra un po d'acqua.
Seguendo i segnali in questa giovane macchia di querce...
Sbuco su un altipiano da dove posso ammirare i bellissimi campi di C.Caroni circondati dalle selve.
Ed ecco che il sentiero attraversa questa strana macchia di rimboschimento composta solamente da cipressi dell'Arizona, niente di più esotico insomma. Devo ammettere però che il forte odore di resina emanato da questi alberi è inebriante
La vegetazione torna più consona al luogo in cui mi trovo e dopo non molto...
mi ritrovo difronte al vecchio casolare di Ca Gatti.
Su un lato dell'edificio scopro questa piccola lapide con inciso il Cristogramma IHS e la data in numeri romani MDLX, 1560. I coloni, oltre a incidere la data di fondazione della loro casa, vollero probabilmente benedirla col nome del Cristo ( IHS = Iesous ) o forse proteggerla dai demoni e dagli spiriti pagani che dimoravano nei boschi di queste sperdute colline.
Terminate ipotesi e congetture sui fondatori di Ca Gatti, torno a pensare al mio cammino. Il sentiero 132, che ho percorso fino ad ora, muore proprio in corrispondenza del casolare, quest'ultimo infatti funge da punto d'intersezione con il sentiero 133. Io continuo la marcia di avvicinamento a  Santa Maria delle Selve svoltando a destra di Ca Gatti, scendendo sempre più verso valle.
Uno sguardo alla valle appena discesa.
Il percorso si appiana e la vegetazione si infittisce, la luce che penetra nel fitto degl'alberi mi da quasi la sensazione di trovarmi in una giungla.
Quest'impressione aumenta quando emergo dal fitto bosco e scovo un vecchio palo della corrente adagiato sulle lussureggianti piante.
Il tracciato attraversa questo campo d'erba; ormai la meta è prossima.
Mentre cammino in mezzo al campo non posso far a meno di notare questo colle, nelle carte viene chiamato Il Sasso.
Finalmente... il viale d'accesso a Santa Maria delle Selve, in parte alberato con l'ormai noto cipresso dell'Arizona. Potrei dire che il mio è quasi un ingresso trionfale... in un paese che non esiste più.
I primi ruderi che si vedono provenendo dalla foresta, sono gli edifici annessi alla chiesa.
Ed ecco il campanile di Santa Maria delle Selve celato dall'alta boscaglia. Per distinguere il nuovo santuario dal vecchio, a quest'ultimo è stato aggiunto l'appellativo "a Montecesano".
La facciata dell'antica chiesetta. I raggi del sole, che attraversano il tetto sfondato dell'edificio, fanno capolino dalla porta... un po come se qualcuno volesse invitarmi ad entrare.
So per certo che buona parte degli immobili del villaggio, fino a pochi anni fa, avevano il tetto ancora intatto mentre ora sono solo ruderi e rovi.
Sinceramente su questo luogo ho trovato ben poche notizie. Una di queste racconta che nel 1947 la banda musicale di Colbordolo venne a fare proprio qui, a Santa Maria delle Selve, il suo primo concerto del dopo guerra. I musicisti furono trasportati con un autocarro e l'autista, nelle curve, era costretto a far scendere i passeggeri per riuscire a manovrare. A quei tempi fare poco più di venti chilometri era un'odissea.
Entro e come spesso mi accade di vedere nei vecchi edifici sacri in abbandono, degli sciacalli hanno divelto e portato via tutto ciò che potevano. Le acquasantiere sono state portate via a martellate, gli altari divelti, ogni nicchia ispezionata col piede di porco. Curiosando scovo sotto il pavimento della chiesa alcuni vani... forse sono vecchie sepolture oppure, chi lo sa... una cripta?... certo, è la dimostrazione dell'antichità di questo tempio.
Lo sguardo verso l'altare sommerso da macerie e rovi. Qui venne custodita, fino all'edificazione della nuova chiesa, un'icona raffigurante la Madonna col Bambino, risalente al XVII° secolo. Il quadro fu trafugato nel 1997 ma per fortuna, nel 2013, è stato ritrovato e ricollocato al suo posto. Un giornale locale "Il nuovo", ha riportato in modo esauriente la notizia... eccovi il LINK.
Fuori dal villaggio il sentiero continua a scendere a valle. Quelle che erano alte colline fitte di boschi ora sono placide alture coltivate.
Lungo il tragitto non posso che ammirare l'imponenza e l'austerità di questo pioppo.
No... può sembrare ma non è un effetto ottico... è proprio il palo della luce ad essere storto.
Fine del sentiero 133, località Poderetto... insomma nel bel mezzo del nulla.
Torno indietro sui miei passi e quando sono in prossimità di Santa Maria delle Selve mi metto a esaminare questa macchia di vegetazione che si trova tra la stradina ed il campo. Mi ha incuriosito perchè nelle mappe è segnalato un cimitero ma non riuscivo a trovarlo.
Una volta nel mezzo dei cespugli ecco la conferma dei miei sospetti... ho trovato il vecchio camposanto di Santa Maria delle Selve. Tutto è rotto e chi vi riposava è stato traslato altrove da anni. Ma ora la mia parte macabra chiede soddisfazione. Devo assolutamente curiosare.
L'ossario con tutta probabilità, ora è solo una fossa per nascondere la spazzatura dei cacciatori.
Da sotto la terra spuntano frammenti di lapidi.
E in qualche modo inizio a conoscere almeno il nome di chi ha vissuto a Santa Maria delle Selve.
Prega e ricorda... Penso avrebbero preferito così gli abitanti del posto e non questo sfacelo.
Lapide consunta che ricorda Bugarini Giuseppe, uomo onesto, laborioso, dedito alla famiglia che morì improvvisamente a 55 anni, nel febbraio del 1932, i famigliari vollero ricordarlo con questa lunga dedica.
Piccola targhetta in latta che ricorda la scompara di una bimba di soli 20 mesi e due giorni.
Inizio a sentire attorno a me uno strano silenzio inquieto... è meglio lasciare i resti di questo camposanto e tornare indietro.
Rasserenato dal bellissimo ambiente, mi appresto a ritonare dentro la foresta delle Cesane.
A Ca Gatti continuo dritto sul sentiero 133.
Raggiunta la parte alta delle Cesane inizio ad ammirare il paesaggio circostante.
Vista sulla cima del Monte Scopo, modesta altura di 591m ricoperta di pini.
Nell'ultimo tratto dell'escursione, per raggiungere l'auto in località Casa nuova del Piano, percorro la strada provinciale delle Cesane e guardacaso passo davanti alla nuova Santa Maria delle Selve.

Osserva il percorso sulla MAPPA.

giovedì 6 novembre 2014

La valle dorata

Qualche giorno fa, durante i miei soliti peregrinaggi mattutini, sono dovuto arrivare in cima ad uno dei miei poggi preferiti per non perdermi un'alba fuori dal comune. Perlomeno così è stata ai miei occhi. 
Provenendo dal fondo valle gelido ed intriso di grigia foschia, venire in collina e trovarmi fuori dalle nebbie, accarezzato da una dolce aria temperata, è stato già qualcosa di sollazzante. Quando poi ho notato che i primissimi raggi di sole della giornata trasformavano la malinconica caligine in vapori dorati, non ho resistito ed ho iniziato a correre su per una collina fino ad avere una visuale perfetta di quello che stava accadendo sotto di me. 
Non aggiungo altro... l'immagine è fin troppo eloquente.

La valle in questione è quella del Metauro e il promontorio dal quale ho scattato la foto si trova tra il borgo di Montegiano e il Convento del Beato Sante, comune di Mombaroccio (PU).


domenica 2 novembre 2014

Vecchio cimitero abbandonato

E' ormai mia abitudine postare, durante la festività d'Ognisanti e dei Defunti, l'immagine di qualche sperduto cimitero di campagna. 
Quest'anno, quasi per caso, ho scovato i resti del vecchio cimitero di Monte Scatto, località rurale alle pendici sud-orientali del Monte Paganuccio, nel comune di Cagli (PU). Il sepolcreto non ospita probabilmente più nessuna spoglia da moltissimo tempo, la vegetazione spontanea ha preso il sopravvento ma, nonostante ciò, il cancelletto d'ingresso ed un bel cipresso continuano a vegliare sui fantasmi rimasti a vagare in quella che doveva essere la loro ultima dimora.



sabato 1 novembre 2014

Paesaggio da fungaioli II

Vagando nella nebbia in cerca di funghi, mi ritrovo in mezzo ad una fitta macchia di faggi. Camminando tra questi alberi avvolto nella mia incerata nera, piuttosto che un uomo sembro uno spirito errante il quale, di tanto in tanto, si sofferma malinconico a contemplare i silenzi del bosco.

Faggeta di Ranco Pierello, Monte Tenetra, Massiccio del Catria.

domenica 19 ottobre 2014

La torre della Metola

Nell'estate appena trascorsa sono più volte finito a girovagare lungo la tortuosa strada provinciale che collega Sant'Angelo in Vado ad Apecchio. L'intento era quello di esplorare i resti di antichi insediamenti abbandonati e allo stesso tempo, godermi i suggestivi scorci panoramici della zona.

Dopo aver visitato la dimenticata Montemaio, sono voluto andare alla scoperta della torre della Metola, un luogo attorno al quale gravitano numerose storie e leggende. Probabilmente, proprio per via di ciò che ancora rappresenta nell'immaginario della popolazione locale, qualche anno fa la torre è stata sottoposta a provvidenziali, sia pur incompleti, restauri.
La Metola, come la già citata Montemaio, non era solo una misera torre ma bensì un importante fortilizio medioevale, abitato da un conte, i suoi armigeri e un certo numero di civili. Questo insediamento, posto in cima ad un colle aguzzo, proteggeva la vicina Sant'Angelo in Vado da eventuali invasori provenienti da meridione ma, con una certa discrezione, facendo capolino tra i colli circostanti, la torre vegliava sulla città madre controllando l'alta valle del Metauro. Ciò ha garantito alla Metola, durante il medioevo, un certo prestigio e al contempo una serie di guerre, assedi e battaglie.
In mezzo a questo marasma nasce Margherita. La bimba, figlia dei conti del castello, purtroppo venne alla luce afflitta da deformazioni e cecità. I genitori, come accadeva spesso a quel tempo, reputarono le condizioni della figlia una punizione divina e di certo si domandarono più volte cosa farne. Sicuramente non potevano lasciare una bambina, incapace di muoversi agevolmente, in un forte continuamente soggetto a scontri armati. I due decisero allora di far guarire Margherita portandola a Città di Castello, sulla tomba di un venerabile frate francescano noto per i suoi prodigi ma non vedendo alcun risultato abbandonarono la piccola presso un monastero della città umbra. Margherita fu così adottata da una famiglia amorevole che le consentì di studiare e successivamente legarsi all'ordine domenicano. La gente iniziò a conoscere ed apprezzare questa giovane priva di ogni bellezza ma ricca di intelletto e cominciò persino a considerarla una santa vivente, fu addirittura citata negli scritti del predicatore e teologo francescano Ubertino da Casale, suo contemporaneo, (avete presente il frate francescano de Il nome della rosa, amico di Guglielmo da Baskerville). Margherita morirà nel 1320 a soli 33 anni, le sue spoglie giacciono d'allora a Città di Castello e la Chiesa Cattolica la considera Beata protettrice dei portatori di handicap.
Nel XVII° secolo, in un periodo meno movimentato per la Metola, nascono alcune inquietanti leggende attorno alla torre dovute alla strana condotta del suo conte, Francesco Maria Santinelli. L'uomo era un appassionato astrologo e alchimista, si dice che conducesse presso la torre numerosi dei suoi esperimenti. Molto probabilmente è per le ricerche del Santinelli che i contadini locali narrano di notti senza luna in cui bagliori e saette si scagliano contro la mole di pietra della Metola. Per alcuni, questi fenomeni sono i segni della lotta tra le forze del bene e quelle del male che dimorano all'interno della torre.

Dopo le doverose premesse, passerei alle immagini di questa mia escursione alla Torre della Metola. Una delle poche uscite baciate dal sole di questa strana estate.

Circondata da una rigogliosa vegetazione la Torre della Metola fa capolino da un alto colle.
Lascio l'auto ai piedi della collina e inizio ad incamminarmi lungo una stradina bianca. Attorno solo verdi campi e macchie di bosco, fino a quando non intravedo la chiesetta di Santo Stefano proprio sotto la torre.
Mente cammino all'ombra degl'alberi spuntano vecchi caseggiati magnificamente ristrutturati e adibiti a case vacanza.
La campagna della Metola.
Il colle con la sua torre che sovrasta le sparute case dell'abitato attuale.
Mi avvicino all'antico forte medioevale attraverso un vecchio sentiero in disuso.
Ed in poco tempo mi porto sull'arida cresta collinare dominata dalla possente torre quadrangolare.
Il paesaggio verso meridione è a di poco meraviglioso: sotto si vedono i verdi campi della Metola, difronte si stagliano le colline dove un tempo dominava la torre di Montemaio e sullo sfondo, da sinistra a destra, il Monte Montiego, il Monte Nerone ed il Monte Vicino.
Prossimo a raggiungere la torre mi imbatto in questa edicola dedicata alla Beata Margherita della Metola.
D'innanzi all'immagine sacra un sentiero sale verso la torre.
Procedendo, mi accorgo che sotto la fitta vegetazione giacciono numerosissimi tumoli di macerie dell'antico castello della Metola.
Ma per fortuna, appena il sentiero si appiana, ecco apparire la torre in tutta la sua possanza.
Da notare il ponteggio da cantiere che raggiunge il ponte levatoio del mastio, come già detto i lavori di recupero della fortezza sono purtroppo stati abbandonati.
Con una certa cautela mi avvicino al portale d'accesso.
Il portone è interamente di ferro e sull'antica toppa della serratura è ben visibile l'incisione di una M.
Nelle pietre che contornano la porta noto questa croce incisa e sotto le seguenti parole: Con fede e con amor deponete un fresco fior. Con tutta probabilità un omaggio al luogo natale della Beata Margherita della Metola.
Abbandono l'antico forte e inizio a gironzolare lungo la cresta di colline che si diramano verso ovest.
Uno sguardo d'insieme alla Metola e alle terre del suo feudo.
Il panorama a nord con il Sasso di Simone ed il Monte Carpegna sullo sfondo.
Su e giù, su e giù per le brulle creste mi allontano sempre più dalla torre.
Camminando arrivo in prossimità di questo meraviglioso casale e completamente rapito dal paesaggio inizio a scendere verso di esso.
Difronte alla casa una stradicciola mi ricondurrà verso il punto di partenza di questa escursione ma prima di andarmene mi godo appieno la bellezza del posto che, permettetemi di dire, è senza paragoni.

Guarda dove si trova la torre della Metola e osserva il percorso più bello per raggiungerla sulla MAPPA.