venerdì 27 settembre 2013

Escursione sul Monte Nerone: Dalla val d'Abisso al Rio Vitoschio

Solitamente nelle  mie escursioni tra boschi, montagne, vecchi ruderi e quant'altro, sono sempre solo ma questa volta ho trovato il modo di organizzare una bella camminata assieme ad un caro amico: Matteo per gli amici Mazza. A causa degli impegni e di svariati imprevisti, è dallo scorso anno che noi due tentiamo di fare una bella uscita nella natura, finalmente ce l'abbiamo fatta! 
Si è così deciso di comune accordo d'avventurarci per due giorni in una delle montagne del nostro territorio. L'amico, ha lasciato a me la scelta dell'itinerario e dopo qualche valutazione ho optato per il Monte Nerone. 

Il tracciato scaturito dalla mia mente sadico/masochista è di tutto rispetto... 
Partendo dal santuario della Madonna in Val d'Abisso (359m s.l.m.) a est di Piobbico, sul versante nord della montagna, abbiamo risalito il sentiero n°1 e quindi la Val d'Abisso, la Gola dell'Infernaccio, (due nomi che sono tutto un programma), visitato la Balza Forata ed in fine raggiunto il Rifugio Corsini (1273m s.l.m.). Questa prima parte dell'itinerario con un dislivello di oltre novecento metri in salita per 4 chilometri di lunghezza circa, è stato massacrante! soprattutto a causa dei nostri zaini perchè volendo passare la notte sul Nerone, ci siamo portati dietro il necessario ma non l'indispensabile. La sensazione era quella di salire la montagna con un bambino attaccato alla schiena, almeno così diceva Mazza, io invece ero convinto di essere diventato uno sherpa. Appena raggiunto il Rifugio Corsini, ci siamo fermati per pranzare e concederci il riposo del giusto. Da questo punto il mio itinerario era aperto a diverse opzioni, senza alcuna fretta ho snocciolato al mio amico alcuni luoghi che reputavo adatti a passare la notte e alla fine convenimmo entrambi di scendere a nord-ovest, verso le anse del Rio Vitoschio. Ripresa la marcia, si è da  prima seguito il sentiro n°2 che costeggia i pali dell'elettricità sui prati sottostanti il rifugio, dopodiché siamo scesi verso nord-ovest tramite i sentieri 35 e 30 fino a toccare le sponde del torrente. La valle del Vitoschio la conosco piuttosto bene, qui si trovano le spettacolari "Porte" di pietra, alcune cascatelle meravigliose ma anche comodi spazi dove piazzare la tenda per passare la notte. E così è stato. 
Il giorno successivo, entrambi stanchi ma soprattutto doloranti per via del peso dei nostri zaini, abbiamo preferimmo riposare lungo le rive del ruscello fino al primo pomeriggio piuttosto che massacrarci ulteriormente in arrampicate eterne. Il ritorno pertanto è stato molto soft: disceso il corso del Rio Vitoschio e valicato le Porte, siamo finiti sulla strada per Piobbico, una volta attraversato il paese eravamo di nuovo alla macchina. Giunti al veicolo, tre giardinieri che stavano pulendo il boschetto attorno alla Chiesa di Santa Maria in Val d'Abisso, si sono voluti sincerare delle nostre condizioni: erano piuttosto preoccupati per noi, non vedendoci tornare il giorno stesso temevano ci fossimo persi o rotti l'osso del collo o addirittura fatti sbranare dai lupi. Pensare che volevamo inizialmente star fuori tre giorni, in quel caso avrebbero mobilitato i vari soccorsi... sai dopo che risate.

Veniamo alle foto di questa grande escursione sul Monte Nerone... 
Per ovvi motivi di spazio ho dovuto scartare alcune belle foto, le avrei volentieri postate, a me piace mostrare tutto quello che i miei occhi osservano con interesse e provare ad imprimere nelle immagini le sensazioni trasmesse dai luoghi. Sono comunque convinto che la seguente serie di foto vi colpirà per l'eccezionale bellezza degli ambienti.

Eccoci già in marcia, giornata bellissima, temperatura ideale per una bella camminata. Infondo al prato, il punto di partenza dell'escursione, il santuario di Santa Maria in Val d'Abisso mentre sullo sfondo il Monte Montiego (975m s.l.m.).
Avvicinandoci al torrente della Val d'Abisso scopriamo i meravigliosi resti di questo mulino medievale. Il torrente che scorre accanto ai ruderi è cristallino. La foto non è delle migliori ma invito chiunque ad andare a visitare questo posto, è facilmente raggiungibile e molto, molto bello!
Si prosegue risalendo la valle per raggiungere quei "bastioni" di bianco calcare... la Gola dell'Infernaccio.
Sulla nostra destra ecco spuntare i cosiddetti Muracci, ciò che rimane dell'antico castello di Mondellacasa, residenza della famiglia Brancaleoni fino a quando non diventeranno i signori di Piobbico.
In prossimità alla Gola dell'Infernaccio, picchi di calcare massiccio emergono dalla montagna e a volte schizzano verso il cielo.
Troviamo anche questa piccola grotta con un antro che sale all'interno della montagna.
Scendiamo con cautela verso il letto del torrente, questo punto è tutto un affioramento di rocce. Guadato il corso d'acqua si raggiunge una piccola opera idraulica, dopo aver costeggiato un muretto di cinta proseguiamo sul sentiero e notiamo con un certo disappunto che sotto i nostri piedi si trova un abisso alto decine di metri.
Inizia una faticosa salita a zig-zag tra rocce aguzze e ripidissimi ghiaioni ma il panorama è di tutto rispetto.
Sali che ti sali finalmente vediamo la Balza Forata.
Camminando su un corridoio di roccia raggiungiamo il monumento naturale.
Si tratta di un posto eccezionale, la soddisfazione di averlo raggiunto ci ripaga della fatica fatta fino ad ora.
Uno squarcio verso valle.
Ma ancora la camminata è ben lungi dal terminare, si va avanti anzi si continua a salire lungo le pareti dell'Infernaccio, prossima tappa Rifugio Corsini.
Il panorama improvvisamente si apre, il cielo limpidissimo ci regala uno scorcio sull'Appennino Centro-Settentrionale.
L'imponente sperone roccioso che abbiamo appena attraversato e dietro di esso Piobbico.
Ormai siamo prossimi alla cima del Monte Nerone (1552m s.l.m.), inconfondibile grazie agli antennoni della Rai.
Uno sguardo ad est ed ecco apparire la Gola del Furlo.
Finalmente al Corsini... ovviamente chiuso.
Ci sediamo sfiniti su una panca all'ombra di un faggio e pranziamo con vero gusto.
Nella foto, i due temerari durante la sosta: il Barba a sinistra e il Mazza a destra.
Dopo il pasto decidiamo il luogo ideale per trascorrere la notte in tenda... si opta per il Rio Vitoschio.
Quindi si scende sui prati verso nord-ovest, alla scoperta di nuovi scenari infatti ecco apparire il Monte Vicino (880m s.l.m.) con la sua cima spianata e i fitti boschi tutt'attorno.
Ancora più scenici sono i fianchi erosi del Poggio della Rava (644m s.l.m..) con le sue striature bianche e rosse.
Ed eccoci in prossimità del bosco, pronti ad affrontare la discesa verso la Valle del Vitoschio. Davanti a noi il Monte Cardamagna (962m s.l.m.) con i suoi contrafforti a strapiombo sulla Valle dell'Eremita (alta valle del Rio Vitoschio).
Nella discesa, quasi sempre all'ombra della foresta, facciamo un piccolo fuori programma per vedere la zona detta Fosso Pisciarello trovando questa piccola cascatella... fosse stato più caldo, una bella doccia li sotto non ce la toglieva nessuno.
Prossimi al torrente Vitoschio, restiamo ad ammirare il profilo del Cardamagna e la selvaggia valle che si trova ai suoi piedi.
Finalmente io e il Mazza raggiungiamo il fondo della valle. Nelle vicinanze conosco un posto ideale per piazzare la tenda, è in riva la torrente e per raggiungerlo si transita accanto a questa fantastica cascatella.
Il campo base finito di allestire. Lo spiazzo era forse utilizzato da carbonai a giudicare dal colore nero del terreno. La fatica è terminata; entrambi puzziamo come due gatti selvatici, cerchiamo quindi di lavarci alla meglio nel torrente ma l'acqua è così gelida che impieghiamo per le nostre abluzioni non più di un minuto. La sera, dall'alto della valle, un alito di vento del tutto simile al respiro di un essere gigantesco, attraversava lieve il nostro campo mentre noi ascoltavamo ogni singolo rumore e sussulto della notte tentando di tenere a freno la fantasia. Prima di andarcene a dormire ci siamo comunque rilassati gustandoci una buona tazza di brulè.
Il mattino successivo la nostra tenda pareva una camera a gas! Io non riuscivo più a dormire e perciò ho deciso di fare due passi risalendo il Rio Vitoschio.
Oltrepassando un'ansa del torrente mi sono imbattuto in questa cascatella meravigliosa. Natura incontaminata, acque cristalline... nonostante li veda e gli tocchi, stento comunque a credere che esistano posti così belli.
Il mio compare pareva caduto in letargo, ha ripreso conoscenza solo quando il sole era a picco sulla valle. Piano piano abbiamo smontato il campo, caricato nuovamente i nostri fardelli sulle spalle e acciaccati ma sereni ci siamo diretti verso le Porte per lasciarci alle spalle questo posto incantevole.

Guarda la mappa del percorso.

martedì 10 settembre 2013

La Montegiano dimenticata

Montegiano è un piccolo villaggio nel comune di Mombaroccio (PU), sorge su di un poggio nel versante meridionale del Monte Scotano sulla cui sommità si trova il Convento del Beato Sante.
L'abitato attualmente non presenta costruzioni particolarmente antiche, solo qualche caseggiato secolare fa mostra di se qua e la, verrebbe da pensare che la vecchia Montegiano sia stata distrutta in un modo o nell'altro ma non è così. Anticamente, forse addirittura dal tempo delle popolazioni italiche, il villaggio si trovava molto più in basso, in un pianoro che termina a strapiombo sul fosso sottostante detto Rio Secco, circondato da ombrose colline. Come insediamento è piuttosto singolare, invece di starsene in alto, al riparo dai pericoli, questo è quasi in pianura, pressoché all'ombra e soggetto all'umidità del torrente. Il motivo con tutta probabilità va ricercato nel nome: Montegiano, si richiama infatti alla divinità pagana di Giano Bifronte, antico protettore di porte e passaggi di ogni genere sia spirituali che materiali. Osservando il sito non si può far meno di notare il fosso scaturire da una profonda valle ricoperta da un bosco inestricabile, viene da pensare che qui forse c'era un passaggio per transitare dai colli al piano oppure si tratta di un transito più spirituale legato alla grande potenza scenografica del posto. Certo è che il luogo fu abitato anche nel medioevo e nel 1268 venne edificata addirittura una rocca che fungeva da caposaldo dei territori fanesi, assieme a Cartoceto,Ripalta, Pozzuolo e Bargni. Successivamente Fano entrò a far parte dei domini Malatestiani e presumibilmente i resti del castello di Montegiano risalgono a quell'epoca. Nel corso del XVIII° secolo il castello venne abbandonato e le nuove abitazioni furono costruite man mano più in alto fino alla posizione attuale che di certo è più agevole.

Oggi, è ancora possibile visitare alcuni resti dell'antico villaggio imboccando la stradina accanto all'attuale chiesa che scende contorta fino a valle. Alcuni tratti di questa viuzza sono resi talmente oscuri e soffocanti dalla vegetazione da far venire alla mente la selva oscura di Dante, è quasi naturale pensare di essere prossimi all'ingresso di un'altro mondo.
Ma procediamo con le foto...

Mi sono accorto di non avere alcuna immagine del paese attuale perciò posto questa, mi pare la più rappresentativa: i campi, gli ulivi e la chiesa... il cuore di Montegiano. Accanto all'edificio sacro inizia la strada che scende fino all'antico borgo.
Subito, da ogni lato, vedo vecchi caseggiati più o meno in malora.
Grandi alberi come questa quercia vegliano sull'antica via che prende ad inabissarsi.
Un'occhiata attraverso gli uliveti verso le case di Montegiano.
Scendendo, i campi e i casolari sono quasi tutti abbandonati, fagocitati da selve di rovi.
E la stradina continua a sprofondare nel bel mezzo della sempre più oscura selva.
Finalmente raggiungo questa edicola, costruita nel 1939 in memoria dell'antica chiesa dedicata alla SS.Trinità che un tempo si trovava in questo luogo... ho raggiunto l'antica Montegiano.
Particolare del moderno dipinto collocato all'interno della nicchia.
Scovo un sentiero proprio dietro l'edicola, raggiungo una radura ricoperta da rovi e poi ecco apparire le mura del castello.
Rovine desolate destinate ben presto a scomparire divorate da una natura prevaricante.
All'interno delle mura si trovano solamente i ruderi di una casa colonica già in rovina negl'anni '70, il resto del castello venne usato come orto dai suoi ultimi abitanti, contorti ulivi sono ancora lì a testimoniarlo.
Ho scoperto da poco che nel XV° secolo Montegiano diede i natali a un certo Foschi Cristoforo, architetto al servizio di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Pensandoci, lo stesso Foschi potrebbe aver progettato queste mura. Nel 1444 venne addirittura rapito dagli abitanti di Mombaroccio con l'intento di estorcergli informazioni su come espugnare il castello di Montegiano per conto degli Sforza di Pesaro. Il Foschi resistette per nove giorni, dopodiché fu liberato con il pagamento di un riscatto.
Esco dalla fitta boscaglia che ricopre i resti del castello e continuo a discendere la stradicciola fino al piano, attorno vedo solo prati e numerosi rivi d'acqua che convergono nel Rio Secco.
Suggestivi e altissimi pioppi nascondono qualcosa. Per fortuna che alcuni raggi di sole arrivano fin quaggiù a rendere meno cupa l'atmosfera.
Mi avvicino attraversando un verdissimo prato di felci. Questi che vedo, devono essere proprio i resti del vecchio mulino di Montegiano.
Altre rovine, questa volta protette da un muro di ortiche.
Suggestiva la diruta facciata! Questo mulino venne edificato nel XV° secolo e fu attivo fino agli inizi dello scorso.
Particolare sugl'infissi della finestra.
Circondo l'edificio e d'improvviso mi ritrovo davanti a questi due inghiottitoi ora ricoperti dall'edera ma che un tempo servivano a portare l'acqua ai rotori del mulino.
Oltre gli inghiottitoi è ancora riconoscibile il canale artificiale che deviava le acque del Rio Secco al mulino. Ma purtroppo questa è l'ultima scoperta prima di tornare nell'attuale Montegiano.
Mentre risalgo il budello di strada che mi separa dal "mondo dei vivi", oppresso da una grande umidità, vengo salutato da questi "celestiali" raggi di luce.

Guarda dove si trova Montegiano.