mercoledì 30 aprile 2014

La sgambata del 25 aprile

Solitamente per la festa di Liberazione, se non si è programmato qualcosa, vado in compagnia di qualche amico a  fare un giro in mountain bike attraverso le belle colline della Val Metauro. Essendo, io e i miei compagni, i classici atleti del giorno di festa, i nostri mezzi a due ruote risultano piuttosto malmessi ma nonostante ciò riusciamo a compiere delle vere e proprie imprese. Di certo la sgambata fatta il 25 aprile appena trascorso va annoverata tra queste.
Quest'anno al "via" eravamo in tre: Marco (Miccio), Andrea (Gaspa) ed il sottoscritto... Matteo alias Barba.
Stabiliamo la partenza a dopo pranzo e non appena siamo stati in grado di riesumare le bici, abbiamo raggiunto il nostro solito punto d'incontro. Assieme a me, questa volta, ho voluto portare anche la mia fotocamera: lo so che pedalando è impossibile riuscire a fermarsi ogni volta che si vuole scattare una foto ma il mio sesto senso mi diceva che sarebbe tornata utile. Iniziamo l'escursione a due ruote in modo molto tranquillo, da Calcinelli, paese di partenza, ci inerpichiamo verso il borgo di Saltara e poi quello di Cartoceto, intervallando le pedalate con qualche chiacchiera. Da quest'ultimo paese le cose iniziano a diventare serie e con un certo impegno affrontiamo una dura salita che ci porta fino ad un bivio. A questo punto siamo piuttosto indecisi sulla direzione da prendere e dopo alcune considerazioni decidiamo di svoltare a sinistra per raggiungere il minuscolo borgo di Bargni. I miei compagni e pure io volevamo stare il più lontano possibile dall'intenso traffico stradale tipico del 25 aprile e ricordando una passeggiata fatta qualche anno fa (Sulle strade di campagna tra Bargni e Pozzuolo), ho convinto i ragazzi a ripercorrere quei sentieri di aperta campagna. Arrivati a Bargni abbandoniamo la strada asfaltata e iniziamo a perderci per un dedalo di carrarecce dalle pendenze impossibili ma immerse in un paesaggio incantato. 
Ed è proprio in queste mulattiere che riesco in qualche modo a scattare alcune foto e così facendo immortalare una splendida, faticosissima avventura...

I primi morsi di strada campestre... sullo sfondo Bargni ed il suo colle, già abbiamo assaggiato le pendenze impossibili di queste viuzze ma l'umore è ancora alto e le gambe sono ben salde.
Rivedere questi posti dopo due anni è sempre un'emozione, io e i miei compagni ci saremo fermati un quarto d'ora ad ammirare il paesaggio.
Ed eccoci... rispettivamente da sinistra a destra: Andrea, Marco ed io, tutti muniti di barba più o meno fluente, a guardarci bene sembriamo tre barbudos, mancano i fucili!
 
Quest'immagine è stata scattata da Marco con il suo smart-phone e ha insistito tanto che la inserissi nel post... dice che è artistica...
Proseguiamo e dopo una grande discesa ecco una grande salita ed il mio amico Andrea che si porta la mano al volto dalla disperazione.
Marco e i suoi problemi con il fango.
Dall'alto il borgo di Pozzuolo veglia su di noi.
La meravigliosa campagna che ci circonda... il luogo è deserto, siamo soli, nemmeno i motociclisti di enduro che solitamente frequentano la zona, rompono i timpani con i loro motori.
Salita e poi piano.
Ma per poco.
Nonostante la grande fatica, riusciamo a risalire la valle e veniamo ripagati dalla bellezza imparagonabile di questo paesaggio.
L'immacolata campagna marchigiana... un posto che resta nel cuore.
I miei amici sfiniti mentre abbiamo quasi terminato di salire; la salivazione a zero, la lingua felpata, ci sembra di partecipare alla temutissima Coppa Cobram di fantozziana memoria.
E finalmente eccoci al piano e all'ultima foto di questa breve ed intensa avventura. Siamo prossimi alla strada asfaltata che conduce a Fontecorniale, ora non resta che risalire il monte della Mattera (quello con le antenne) e poi scende veloci fino a casa.

Guarda la mappa di questa sgambata del 25 aprile.



lunedì 21 aprile 2014

Cesane: Il sentiero 138 ed il villaggio di San Bartolomeo di Gaifa

La primavera è ormai giunta da tempo e anche l'ora legale è stata ripristinata, non ho più alibi... è giunto il momento di fare qualche bella sgambata nella natura.
Per la prima escursione di questa stagione, ho deciso di tornare sui dolci e familiari colli delle Cesane, ad esplorare quegl'angoli di foresta e di campagna che ancora mi sono sconosciuti. L'itinerario di questa passeggiata è quindi ricaduto sul versante suo-occidentale di queste colline, dove il bosco si fonde con gli antichi villaggi rurali in un unico ambiente che pare sospeso ed immutabile nel tempo.

Una tiepida domenica piena di sole raggiungo il borgo di San Lazzaro, lungo la statale Flaminia, nel comune di Fossombrone e lascio l'auto in prossimità di un casello ferroviario in disuso. In questo punto, indicato sulla carta escursionistica come Ponte Rotto, le Cesane toccano la strada e la stringono tra se ed il Fiume Metauro, sembrano quasi vogliano dare un segno della loro presenza a chi distrattamente percorre la via.
Difronte al vecchio casello si trova un cartello bianco riverso a terra, è l'inizio del percorso segnalato numero 138 che tra carrarecce e sentieri conduce fino alla parte alta della foresta. Cammino lungo tutto il tracciato del 138 fino a raggiungere un ampio prato sulla parte alta della foresta poi, svoltando a sinistra, mi ritrovo davanti ai ruderi di Cesana Rossi, un vecchio caseggiato rurale che da il nome alla zona. Dietro le rovine, un dritto sentiero non segnalato scende a valle, lo imbocco con l'intento di raggiungere la strada che porta al villaggio rurale di San Bartolomeo di Gaifa. Ovviamente, non essendoci segnali, ho avuto difficoltà a trovare il sentiero che mi ero prefissato di fare ma scendendo rapidamente verso il fosso sottostante sono riuscito a portarmi sulla strada in maniera piuttosto comoda. Giunto alla carrareccia giro a sinistra e dopo qualche passo arrivo all'agglomerato di I Mazzoli, vecchi ruderi e una sola casa ancora abitata, un luogo molto suggestivo. Proseguendo lungo la via, il paesaggio che si apre alla vista è veramente incantevole e guardandomi attorno finisco nel minuscolo borgo di San Bartolomeo di Gaifa, sormontato da un colle sul quale sorge l'omonima chiesa. Cammino fino al tempio e visito le vie di questo placido villaggio rurale dopodiché, percorrendo una traversa dopo l'altra, mi ritrovo nuovamente sul sentiero 138 che mi riconduce a valle. 

Alcune foto scattate in questa bella escursione tra bosco e campagna.

Appena partito, poco sopra la Via Flaminia; sotto è ben visibile la strada ed il Fiume Metauro reso gonfio dalla vicina diga di San Lazzaro, sullo sfondo i monti del Furlo.
I segnali mi portano sulla stradina che si arrampica per questo versante dei colli delle Cesane.
Il sentiero corrisponde in alcuni punti con il tracciato per mtb: fare molta attenzione a scalmanati su due ruote.
Uno dei tanti bikers incontrati lungo questa prima parte del tragitto.
Ho notato che in ogni escursione c'è una pianta o più facilmente un fiore, capace di mantenersi vivido nei ricordi del viandante meglio di qualsiasi altro suo simile... in questo caso è senz'altro la bellissima anemone stellata a farla da padrone.
Anche questo minuscolo insetto sembra apprezzare a modo i fiori.
Proseguendo lungo il sentiero 138 giungo ad un incrocio ed in prossimità di questo si trova Ca Bogo.
I monti del Furlo visti da Ca Bogo.
Le tracce proseguono accanto l'edificio e così inizia una lunga salita verso la parte alta della foresta delle Cesane.
Arrivato, noto fin da subito che questa zona del bosco non gode di grande salute.
Il grosso prato di Cesana Rossi, qui inizio a seguire i segni sul terreno che svoltano a sinistra.
Altro insetto frequentatore di anemoni.
I resti del caseggiato di Cesana Rossi.
Il tracciato che scende da dietro le rovine.
I pini finiscono e con essi anche il sentiero ben visibile.
Non trovando il percorso indicato sulla mappa, scendo sul crinale di destra fino a raggiungere un altro sentiero che passa accanto al letto asciutto di un fosso.
Ciclamini che ricoprono il fondovalle.
Ormai prossimo alla strada che mi condurrà a San Bartolomeo di Gaifa, scovo numerose varietà di fiori ma tra tutti spicca questa candida anemone.
Ed eccomi finalmente sulla carrareccia.
Località I Mazzoli con i suoi suggestivi ruderi.
Le rovine, circondate da prati verdeggianti, sono oggi abitate da questi bellissimi asinelli. Sembra quasi l'ambientazione per un quadro del '700, manca solo il pastorello mezzo nudo col ciufolo in bocca!
Veduta di I Mazzoli nel suo complesso.
I contrafforti occidentali dei colli delle Cesane.
San Bartolomeo di Gaifa e dietro l'immancabile sagoma del Furlo.
Cercando di far piano per non aizzare tutti i cani del villaggio raggiungo la chiesa, ovviamente sigillata.
Veduta sul'abitato di San Bartolomeo e la foresta delle Cesane che lo sovrasta.
Il promontorio sul quale poggia la chiesa veglia il suggestivo paesaggio circostante.
Un omaggio ai fiori dell'albero di Giuda, molto presente nella zona.
Raggiungo, attraverso le stradine che si dipanano da San Bartolomeo, l'incrocio di Ca Bogo. La sera è ormai vicina, le ombre dei colli si allungano sulle valli sottostanti ma con tutta tranquillità, senza alcuna fretta, mi incammino soddisfatto verso la strada di casa.

Guarda il percorso sulla mappa.

mercoledì 9 aprile 2014

La Riserva Naturale della Sentina

La mia regione, le Marche, l'unica d'Italia a cui ci si riferisce al plurale, è un territorio straordinario che racchiude al suo interno le mille anime del paese ma proprio questa sua diversità interna porta la popolazione a guardare più quello che c'è al di fuori dei propri confini che al suo interno. Questo "difetto" è anche il mio: quando non giro per la mia provincia preferisco andare in Romagna o in Toscana oppure in Umbria, per fortuna la rete e i media di tanto in tanto mi fanno ricredere.
Lo scorso anno sono venuto a conoscenza della Riserva Naturale Regionale della Sentina, un parco marchigiano di cui ignoravo nel modo più assoluto l'esistenza. L'area protetta si trova nel comune di San Benedetto del Tronto, precisamente tra Porto d'Ascoli e la foce del Fiume Tronto; istituita nel 2004, occupa una superficie di soli 180 ettari. Questa ridottissima estensione è compensata dalla grande importanza che ha la riserva a livello naturalistico infatti, la Sentina, è l'ultimo lembo di costa pianeggiante non ancora cementificato delle Marche e anche il solo punto di sosta dell'avifauna migratoria tra il delta del Po ed il promontorio del Gargano.
Una visita a quest'area naturale era solo questione di tempo e finalmente, l'ultima domenica di marzo, ho trovato l'occasione per raggiungere questo estremo lembo di costa marchigiana.

L'area protetta è suddivisa grossomodo in tre parti: una interna coltivata, quella intermedia costituita da praterie e lagune, la costiera caratterizzata da dune sabbiose. Io decido di iniziare la mia passeggiata direttamente dal cuore della riserva, da quello stradino di ghiaia che conduce alla vecchia Torre del Porto: l'edificio più importante della Sentina.
Il vialetto che raggiunge la struttura sopracitata, è circondato da estesi canneti e lambito da un grazioso stagno.
Il paesaggio è piuttosto inedito per me, lo ammiro a lungo pensando che le coste attorno alla foce del mio amato Metauro dovevano essere del tutto simili a queste un tempo.
Raggiungo la zona dunale e m'imbatto in gruppi di volenterosi che ripuliscono la spiaggia dai numerosissimi rifiuti.
Ed ecco la Torre sul Porto vista mare, fu eretta nel 1543 allo scopo di proteggere la costa dalle incursioni dei pirati.
Anche queste barriere serviranno a difendere la costa da sbarchi indesiderati?
Altri volontari al lavoro...
Ed ecco solo una parte dei rifiuti recuperati dalla spiaggia; qualche minuto dopo sarà rinvenuta pure una bombola del gas.
Le praterie salate si estendono attorno alle vecchie case coloniche della Sentina.
I casolari sono, perlomeno lungo la fascia costiera, tutti disabitati; gli ultimi testimoni delle antiche bonifiche dell'area.
La spiaggia al naturale.
Altro gigantesco edificio in disuso.
Un ultimo sguardo sulle praterie.
Prima di andarmene, faccio quattro passi nella zona ancora coltivata tra cavoli, cipolle e la peculiarità del luogo: la lattuga rossa della Sentina.
Cosa mi ricorda questa foto?... piatti appezzamenti di terra e l'odore acre della cipolla!
Uno dei numerosi canali che bordano i campi.

Per chi volesse saperne di più consiglio di visitare il sito ufficiale dell'area protetta: www.riservasentina.it.
Vi segnalo anche questo video: Sentina - Ritratto di un amore in via d'estinzione.
Guarda dove si trova la Riserva Naturale Regionale della Sentina sulla mappa.