L'alta valle del Fiume Candigliano, importante affluente del Metauro, oggi appare come una desolata landa ricoperta di fitti boschi, piccoli coltivi e ripidi calanchi insomma, un luogo più adatto alla vita degli animali selvatici che a quella dell'uomo. Ma qualche secolo fa le cose erano molto diverse. In particolare fu nell'età medioevale che queste terre conobbero un certo fermento. Vennero costruiti castelli per difendere i confini dei vari potentati limitrofi, furono combattute battaglie per l'egemonia sul territorio e sfruttata l'unica vera risorsa di questa zona: il legname della foresta con il quale si edificò la Roma dei papi.
Attualmente, l'alta Valle del Candigliano è percorsa da un'unica strada asfaltata che l'attraversa da nord a sud mettendo in comunicazione le cittadine di Sant'Angelo in Vado ed Apecchio. Ventuno chilometri immersi nel verde, con stupendi panorami naturali e pochissimi insediamenti umani ancora esistenti. Però, osservando attentamente le alture e le ripide cime delle colline, è ancora facile scovare gli antichi borghi abbandonati, tra i quali spiccano la baronia di Monte Ruperto, l'imponente torre della Metola e la malridotta torre di Montemaio. Quest'estate ho voluto visitare entrambe le torri citate, scoperte qualche anno fa durante l'esplorazione di Monte Ruperto sono fin d'allora rimaste nei miei pensieri. La prima delle due che ho deciso di andare a trovare è la torre di Montemaio.
La torre è ciò che resta di un castello costruito sulla sommità di un alto colle nel XIII° secolo o addirittura prima, posto a metà strada tra Sant'Angelo in Vado ed Apecchio. Nel 1209, in un diploma di Ottone IV, il castello di Montemaio viene definito un punto cardine per la difesa dei confini del contado della Massa Trabaria. Per tutto il XIV° secolo Montemaio appartenne alla famiglia Brancaleoni che dovette nel 1386 difenderla dai Montefeltro e l'anno successivo sostenere l'esercito di Città di Castello contro le mire espansionistiche degli Ubaldini della Carda. Alla fine di quel secolo nel castello vivevano ben dodici famiglie, un capitano e trenta soldati. All'interno delle mura inoltre si trovava anche un oratorio dedicato ai Ss. Filippo e Giacomo.
Cercando un po di documentazione sul castello di Montemaio, sono riuscito a trovare anche la sua planimetria. Probabilmente la struttura è cambiata innumerevoli volte nel corso tempo e non so esattamente a quale epoca possa riferirsi la riproduzione sottostante.
Tornando alle vicende storiche... Nel 1437, Gentile Brancaleoni, erede della Massa Trabaria, sposò Federico da Montefeltro, portando in dote l'intero contado che, nel 1447, entrò a far parte del Ducato di Urbino. Durante la guerra tra Federico e Sigismondo Malatesta, Montemaio venne occupato da Gregorio d'Anghiari, condottiero al soldo del signore di Rimini.
Nel 1501, la foresta con i suoi grandi alberi fu incenerita da uno spaventoso incendio privando il borgo della sua migliore risorsa economica. Quando nel 1631, il Ducato di Urbino viene devoluto alla Chiesa, Montemaio è ancora un castello abitato ed in buono stato. A dimostrazione di questo, si sa con certezza che la popolazione, nel 1637, volle affiggere una lapide in onore del vescovo di Città di Castello. Questa però rimane l'ultima testimonianza di vita nel borgo. Inizia così il declino di Montemaio che culminerà nel 1782 quando, in una visita del vescovo di Urbania Zamperoli, il castello risulterà abbandonato, senza alcuna abitazione e con l'oratorio in rovina.
Oggi, dopo oltre due secoli di desolazione, di Montemaio non resta che una torre squadrata prossima a rovinare al suolo. L'antico borgo ed il territorio circostante è stato totalmente rinaturalizzato, anche i numerosi caseggiati rurali che si vedono qua e la sono in rovina. Solamente la strada che passa li vicino è, con tutta probabilità, rimasta la stessa d'allora.
Le foto di questa mia breve esplorazione lo stanno a dimostrare.
Parto da casa col sole in fronte ma quando raggiungo le parti di Sant'Angelo in Vado il cielo inizia a velarsi, purtroppo. Comunque sia, dopo aver imboccato la strada che conduce ad Apecchio, raggiungo un passo tra le colline nei pressi di quello che un tempo era il castello di Montemaio . Lasciata l'auto nello spiazzo adiacente alla strada mi incammino a est attraverso un sentiero segnalato.
Trovandomi in un luogo a suo tempo ritenuto strategico, la visuale sull'ambiente circostante è veramente eccezionale. Qui sopra vi porgo il panorama di sud-est con in basso la Valle del Candigliano e sopra di essa il Monte Vicino mentre, sullo sfondo a sinistra si trova il Monte Nerone.Cammino seguendo la segnaletica e arrivo a questi strani calanchi color cemento.
Inizio a saltellare da un dosso all'altro scrutando l'alta Valle del Candigliano.
Dune grige in contrasto col verde dei boschi.
Vista d'insieme dei monti a sud-est di Montemaio: ai due già nominati si aggiunge il Monte Montiego che appare basso e smussato nell'angolo di sinistra. Quello che salta più all'occhio però, è la vastità dei boschi che ricoprono quest'area.
Volgendo lo sguardo a nord-ovest è impossibile non vedere l'imponente torre della Metola che domina sui colli circostanti. Sarà la prossima meta delle mie scursioni.
Dopo questa scorpacciata di vedute mi addentro in un boschetto, a sinistra il sentiero è costeggiato da un colle mentre a terra noto strani dossi... ho raggiunto Montemaio.
Finalmente qualche raggio di sole riesce a bucare il velo di nuvole, ne approfitto per scattare questa foto sul Monte Vicino. Le pendici della montagna qui immortalate sono quelle dove sorgeva la leggendaria baronia di Monte Ruperto.
Cerco anche di scattare un'immagine più dettagliata del Monte Nerone.
Finita l'ennesima parentesi panoramica rientro nel boschetto e, cercando una comoda via d'accesso all'altura di Montemaio, trovo questo bellissimo giglio montano.
Mi imbatto anche in questi due insetti nel pieno dell'accoppiamento.
Finalmente un passaggio piuttosto agevole.
Tempo addietro, qualcuno si premurò di piantare in questo luogo dall'antica storia alcuni pini romani. Gli alberi sono quasi tutti morti e alcuni di loro giacciono al suolo assieme alle rovine del castelllo.
Altro tronco di pino steso sull'erba.
Continuando a girovagare tra tumoli ed alberi ecco apparire la torre.
Il tempo è stato inclemente con lei ma è anche l'unica struttura di Montemaio ancora in piedi.
La facciata nord. Le pietre, eccetto quelle angolari, sono estremamente consunte.
La porta di accesso alla torre o almeno quello che ne resta.
Fonti:
lavalledelmetauro.org
gli amici del panino - Sant'Angelo in vado
Quando c'erano le torri, Apecchio tra Conti Duchi e Prelati - libro di Camillo Berliocchi
Bellissime foto,tanti complimenti all'autore di qusto stupendo servizio.
RispondiEliminaReportage molto interessante, grazie! Sai dirmi se oggi, a distanza di qualche anno, la torre è ancora in piedi?
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